Tali limitazioni possono essere imposte direttamente dalla legge. In tal senso si pensi al divieto di atti emulativi (contenuto nell’art. 833 c.c.) o ancora all’art. 1121 c.c. che fa divieto di compiere opere su parti di proprietà esclusiva che possano danneggiare quelle di proprietà comune.
Le limitazioni, oltre che della legge, possono essere poste da atti normativi di rango inferiore o da atti regolamentari con esclusiva valenza endocondominiale.
Il riferimento è ai regolamenti locali di polizia urbana ed al regolamento di condominio
Regolamento condominiale
Ai sensi del primo comma dell’art. 1138, primo comma, c.c.: “ quando in un edificio il numero dei condomini e superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione”.
Tale regolamento, comunemente definito assembleare poiché adottabile a maggioranza, si differenzia da quello detto contrattuale che, se approvato e sottoscritto da tutti i condomini può contenere, a differenza del primo, anche delle clausole che comportino delle limitazione nell’uso e godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Vista la particolare forza vincolante di quest’ultima tipologia di regolamento la Corte di Cassazione ha inteso precisare che “ I divieti e le limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, come i vincoli di una determinata destinazione ed il divieto di mutare la originaria destinazione, posti con il regolamento condominiale predisposto dall’originario proprietario ed accettati con l’atto d’acquisto, devono risultare da una volontà chiaramente ed espressamente manifestata nell’atto o da una volontà desumibile, comunque, in modo non equivoco dall’atto stesso, e non è certamente sufficiente, a tal fine, la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità immobiliari medesime, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà normalmente inerenti alla proprietà esclusiva da parte dei singoli condomini. I divieti e le limitazioni di cui sopra possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell’elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare).” (così da ultimo Cass. 18 settembre 2009 n. 20237).
Come dire se divieto vi deve essere che sia chiaro e preciso.
Regolamento di polizia urbana
Questo tipo di atto normativo deve essere rispettato in virtù del fatto che l’immobile è ubicato in un determinato comune.
Mentre il regolamento condominiale, sia esso assembleare o contrattuale, è dettato al fine di salvaguardare l’interesse condominiale, inteso come interesse della collettiva dei comproprietari a che l’utilizzo, da parte del singolo o del gruppo, delle cose comuni (o di proprietà esclusiva) avvenga se ciò possa creare nocumento al resto dei condomini, il regolamento di polizia urbana contiene norme finalizzate a salvaguardare interessi pubblici come tra gli altri quelli al decoro, all’igiene ed alla tranquillità.
In ogni comune è possibile consultare gratuitamente il regolamento di polizia urbana presso il municipio o sul sito internet dell’ente se tale atto è stato pubblicato.
A puro titolo esemplificativo è possibile che in questi atti si rintraccino norme che disciplinano le fasce orarie dei lavori di ristrutturazione in relazione ad estate ed inverno, l’orario per lo sbattimento dei panni o ancora l’orario per effettuare attività rumorose in genere.
Fonte: Avv. Alessandro Gallucci, da CondominioWeb.com